Attraverso opere tormentate, sia pittoriche che scultoree, Paolo Pelosini ha tracciato, sulla scia di Milton, un percorso agli antipodi del rassicurante, riuscendo a proiettare l’osservatore in una dimensione oscura, invischiante, dalla tossicità corrosiva e a fagocitarlo nel divenire di una caduta inarrestabile, incurabile. Figura di riferimento per il territorio, oltre che nome rilevante all’interno del panorama artistico internazionale, Pelosini utilizza resti usurati, ruderi recuperati e decomposti e bitume per declinare la tematica da lui più sentita, quella della crisi ambientale. Ci mostra una Terra che non avrà ancora vita lunga, dove nemmeno ciò che è sacro ha speranza di salvezza; anche l’artista, autoritratto, è parte dell’atmosfera da incubo che egli stesso ha creato e da essa verrà inesorabilmente inghiottito.
Testi di Marzia Martelli (curatrice), Nicola Micieli, Adolfo Lippi.